La lastra fu trovata nel terreno di un bottaio che si chiamava Nicola Massari, il quale l’avrebbe donata ad un tale Alessandro Loherl, commerciante tedesco che viveva a Bari. Secondo una prima ricostruzione fatta da Regio Ispettore delle Antichità di Bari che all’epoca si occupò del caso, fu il Loherl a cederla al museo svizzero. Secondo i documenti contenuti nel museo svizzero le cose sarebbero andate diversamente. Ivi risulta che a consegnare l’epigrafe fu un tale Alessandro Mori, allievo del Ginnasio di Zurigo, figlio di un ufficiale Italo – tedesco morto a Bari. Il Mori avrebbe consegnato la stele al Prof. H. Grob il quale nel 1888 la espose tra i reperti della sua Collezione. Appena due anni più tardi, tutta la collezione fu consegnata al Museo Nazionale di Zurigo. La nostra lapide risulta inventariata con il n.”4043”. Nel 1914 tutta la collezione venne trasferita all’Università di Zurigo, ove ancora oggi si trova, inventariata con il nome “Ursulus".
Possiamo
dipanare il mistero osservando un altro punto nel quale la misteriosa
distanza dei 355,20 metri ricorre ancora. Sulla Via Loseto all’altezza
del rinvenimento della “villa romana” si può notare come la stessa si
erga su un terrapieno delimitato
ad ovest da un’alta muraglia che in alcuni tratti supera i tre metri.
Quel muro per un largo tratto è orientato da nord verso sud con una
leggera rotazione in senso orario. Provate ad indovinare di quanto ?
Esattamente 1,5° rispetto alla meridiana geografica. Provate ad
immaginare a questo punto quanto dista quel muro dall’asse Cattedrale
Bari - Madonna della Stella – Via Annetta ? Il responso lascia
scioccati: La loro distanza è 710 metri circa. Due volte la nostra unità
di misura. A questo punto appare chiaro che in queste distanze c’è lo
zampino degli antichi Romani che colonizzarono il nostro territorio a
partire dal 315 a.C.. Anno nel quale nel corso delle guerre Sannitiche
una legione raggiunse l’antica Ceglie, importante città peuceta nella
cui orbita era il nostro territorio. La distanza di metri 355,20
equivale ad un multiplo di una precisa unità di misura dei Romani.
Equivale a “10 atti”. Un atto (actus) era pari a metri 35,52.. Venti
atti (m.35,53 x 20= m.710,40) era il lato di un quadrato che costituiva
la “centuria”. La centuria costituiva l’unità base nella quale veniva
frazionato il territorio acquisito “all’ager pubblicus”. Ogni centuria
(200 iugeri corrispondenti ad attuali 50 ettari circa) veniva a sua
volte frazionata in unità più piccole in ragione della fertilità del
terreno e distribuite ai coloni. Vi erano due tipi di assegnazioni:
quelle di diritto romano (le unità assegnate erano tutte uguali) quelle
di diritto latino (le assegnazioni venivano fatte in ragione del rango e
dell’importanza dell’assegnatario). Il territorio immediatamente a sud
della città di Bari fu sicuramente oggetto di una centuriazione romana.
Lo attesta il “codex coloniarum” nel quale si cita l’esistenza di un
“ager varinus” nel quale fu sicuramente ricompreso il nostro
territorio. Come avveniva una centuriazione ? L'ager centuriatus
veniva tracciato da un agrimensore il quale segnava due assi stradali
perpendicolari tra loro: il primo generalmente in direzione est-ovest,
chiamato "decumano massimo" (decumanus maximus), il secondo in direzione
nord-sud, detto "cardo massimo " (cardo maximus). Tuttavia per ragioni
pratiche, l'orientamento degli assi non sempre coincideva con i quattro
punti cardinali: spesso seguiva invece la conformazione orografica dei
luoghi, anche per assecondare la pendenza del terreno e favorire il
deflusso dell'acqua piovana lungo le canalizzazioni di bonifica che
venivano tracciati. Successivamente venivano tracciati da una parte e
dall'altra degli assi iniziali i cardini e i decumani secondari (limites
quintarii). Erano assi stradali posti paralleli ad intervalli di 100
actus (circa 3,5 km). Il territorio risultava così suddiviso in
superfici quadrate chiamate saltus. La rete stradale veniva
ulteriormente frazionata con altre strade parallele ai cardini già
tracciati ad una distanza tra loro di 20 actus (710,40 m). Le superfici
quadrate risultanti da questa ulteriore divisione erano le "centurie".
Talchè ogni saltus era composto generalmente da 25 centurie (5 x 5).
Tale dimensione delle centurie durante l’epoca imperiale, mentre in
precedenza si era fatto uso di centurie più piccole di 10 actus (i
fatidici m.355,20). Sui cardi e i decumani, nonché sui limes (confini
interni) che delimitavano le porzioni fondiarie assegnate (sortes)
venivano realizzate strade, muretti a secco, canali di scolo. Ivi si
apponevano fitte, termini, cippi, are pagane, ecc. Perfino le case
rurali e le ville dei coloni erano costruite lungo le strade che
delimitavano le centurie. In mancanza di documenti storici che attesti
la data, e le modalità delle assegnazioni del “ager varinus” ogni
ulteriore deduzione appare azzardata. Uno degli autori che ha studiato e
approfondito i caratteri dell’ager varinus è stato Raffaele Ruta
http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Archivio%20Storico%20Pugliese/1992/Articoli/BariEtorino.pdf
Costui
dà importanti notizie in merito al territorio di Adelfia. Alla nota 20
di pag. 43 è data la spiegazione del nostro enigma.
Le
chiese ed edicole cristiane nel territorio dell’Impero hanno spesso
distanze costanti perché esse sorsero su cippi e termini, o in
prossimità di strade ed intersezioni che delimitavano i confini delle
singole centurie o delle singole proprietà. Spesso
erano allocate sui cardini e i decumani della centuria e la
delimitavano. Il Cristianesimo superstizioso e oscurantista del Medioevo
non comprendeva affatto il significato di queste vestigia del passato.
Le ritenne simulacri pagani … addirittura demoniaci. Vestigia da
distruggere e da purificare con la sostituzione di esse con edicole,
altari e chiese cristiane. Ed ecco che tutto appare più chiaro. Ci sono
solidi elementi che portano a ritenere che il “cardo massimo”
attraversasse il territorio di Canneto. Un passo di Livio narrato alla
nota n. 4 di pag. 32 chiarisce che il cardo massimo divideva in due il
borgo antico di Bari. Il Ruta narra che il cardo passava per la Via
Vaccarella in prossimità della chiesa della Madonna dei Sartori a
Carbonara (strada che costeggia l’ospedale “Di Venere” e si congiungeva
con la Prov.le Ceglie - Canneto. Anche in questo caso notiamo la
vicinanza di una chiesa. A questo punto, larghi tratti di Via Annetta a
Canneto appaiono coincidere perfettamente con la direzione e il verso
del prolungamento di questa ipotetica direttrice. V’è un ulteriore dato:
il “cardo massimo” aveva una larghezza standard di 20 piedi (pari a
m.5,97). Dimensione perfettamente compatibile con la larghezza di Via
Annetta. Pertanto, l’asse Via Annetta, Chiesa di Santa Maria della
Stella, Via Vaccarella a Carbonara e la Cattedrale di Bari sono tutti
allineate su di una unica direttrice) Era molto probabilmente il “cardo
massimo” dell’Ager Varinus. Il 1° cardo ad ovest (distante m.710,4 dal
cardo massimo) passava verosimilmente lungo il muraglione che delimita
ad ovest il terrapieno della villa romana rinvenuta in contrada Tesoro.
Il 2° cardo passava qualche decina di metri ad ovest rispetto al
Castello dei Fascina (m.710,4 x 2 dal cardo massimo). Anche questo cardo
interseca in territorio di Bitritto una cappella rurale. Il 3° cardo
ad ovest lambiva l’attuale sede stradale della Autostrada Bari Taranto
(m.710,4 x 3 dal cardo massimo). Il 4° cardo intersecava la chiesetta
della Madonna di Torre (m.710,4 x 4 dal cardo massimo). Il quinto cardo
(detto anche quintario) delimitava il saltus. Passava a poche decine di
metri dall’unica curva presente sulla Prov.le Adelfia Sannicandro. Il
1° cardo ad est (m.710,4 ad est dal cardo massimo) lambiva il lato ovest
della lama Montrone, passava attraverso l’attuale Via Vivaldi e
proseguiva a sud con un percorso per larga parte coincidente con la Via
per la contrada Sacchetti dove intersecava la masseria che fu distrutta
(non è da escludere a questo punto che risalisse ad epoca romana). Il 2°
cardo ad est percorreva il sito dell’attuale Via Ciro Menotti (m.710,4 x
2 dal cardo massimo), Il 3° cardo ad est verosimilmente passava a pochi
metri dal grande albero di pino che si trova sull’unico dosso dell
Prov.le Adelfia – Rutigliano (m.710,4 x 3 dal cardo massimo). Il 4°
cardo ad est intercettava il sito dell’attuale Prov.le Adelfia –
Rutigliano nel punto di intersezione della stessa con la strada vicinale
che provenendo da Via Piscina di Rondinelle prosegue per via Sirenga
(m.710,5 x 4 dal cardo massimo). Il 5° cardo (quintario) ad est lambiva
il sito dell’attuale deposito di rottamazione dei veicoli sulla prov.le
per Rutigliano. Ciascuna delle centurie delimitate sull’asse nord sud
dai cardi era frazionata in ulteriori “sortes” delimitate da strade
secondarie. Una di queste era sicuramente la strada mediana che
insisteva esattamente a metà strada tra il 2° e il 3° cardo ad est. Era
la direttrice che congiungeva la chiesetta della Madonnella con la
chiesa Madre di Montrone equidistante 10 atti dai precitati cardi
(m.355,2). nonché distante esattamente 30 atti dal cardo massimo.
Assai
più incerta appare l’identificazione dei decumani (lati nord e sud
delle centurie). Il Ruta identifica il decumano massimo con la
direttrice che percorre la Prov.le che da Loseto giunge a Valenzano. Una
tale indicazione topografica non sembra sufficiente a dare un
riferimento attraverso il quale identificare con adeguata probabilità i
decumani che attraversavano il nostro territorio. Forse in questo caso
si rende necessario fare il processo inverso. Individuato uno qualsiasi
dei decumani si potrebbero verificare dei modelli ipotetici in cui il
reticolo rispetti le misure standard dei m.710,4. Uno dei decumani
appare sicuramente Via Fornello il cui prolungamento supera il saltus ad
ovest ed interseca la sede dell’attuale castello di Sannicandro. Se
quella via fosse un decumano la parallela a nord, distante 710,4 metri,
coinciderebbe con una linea che passa per Piazza Leone XIII. In tal
caso, emergerebbe che la chiesa madre di Montrone sarebbe sorta in
prossimità dell’intersezione tra un decumano e la mediana tra il 2° e il 3° cardo ad est del cardo massimo. Altro particolare interessante è che su questo decumano
sarebbe stata allocata la cisterna di Piscina di Rondinelle. Il
successivo decumano posto ancora più a nord coincide con una serie di
straordinari allineamenti catastali tutt’ora esistenti. E cosa ancora
più suggestiva è che il decumano passa esattamente dove termine il muro a
secco in prolungamento del muraglione che costeggia la villa romana. Ma
questo decumano non è uno qualsiasi. E’ sicuramente un quintario. E’ il
confine di un saltus. Infatti, esattamente ad un saltus (m.3555) a nord
dal decumano appena individuato passa un decumano che ha strane
caratteristiche. Congiunge Bitritto con Valenzano. A Bitritto coicide
con un ampio canale di scolo che costeggia Via C.A. Dalla Chiesa. Si
proietta ad est verso Valenzano. Ed ecco che la linea spacca in due
l’asse del corso Aldo Moro di Valenzano. Quello che porta dall’orologio
alla stazione. Il decumano massimo aveva la caratteristica di essere
largo 40 piedi romani (12 metri). Anche in questo caso il decumano
lambisce una chiesa: quella di San Rocco. Abbiamo più di un motivo per
ritenere che quello fosse il decumano massimo. Tutti i pezzi del puzzle
sono a al loro posto.
Ritornando
al nostro enigma, chi realizzò le nostre chiese non era affatto
consapevole degli allineamenti. Probabilmente, si preoccupò solo di
cancellare le opere "pagane"che avevano lasciato i Romani. Solo questi
ultimi erano consapevoli dell'allineamento riveniente dalla
centuriazione. Emerge, pertanto, la trama e l’ordito di una
pianificazione del territorio che gli antichi Romani progettarono almeno
2000 anni or sono. Furono loro i primi urbanisti della nostra città e
di quelle vicine. Quando a cavallo dell’anno 1000 i greci di Roni
Sensech e i Normanni fondarono rispettivamente Montrone e Canneto è
certo che non poche delle strade ora esistenti erano già state
realizzate. I Romani sono stati importantissimi per la nostra storia.
Scoprire sul territorio una villa romana – qual è quella della contrada
“Tesoro” - per poi riseppellirla esula da qualsiasi ragione di
opportunità o opportunismo. Riportarla alla luce è una questione di
civiltà.
Pars rustica della villa romana |
La
contrada Tesoro coincide con quelle aree sulla Provinciale che porta a
Loseto. Per intenderci l'area in prossimità del Castello dei Fascina. La
villa romana fu rinvenuta su un altura posta sulla destra di quella via
a circa 200/300 mt. dal Penny Market.
Furono eseguiti degli scavi le cui foto erano da qualche parte erano
visibili in qualche sito. Per mancanza di fondi gli scavi furono
sospesi. Non si avevano nemmeno i fondi per vigilare su quell'opera, per
cui si decise di tombarla per evitare che tomabaroli senza scrupoli
potessero saccheggiare il sito. Adesso credo che non sia accessibile.
Ecco perchè sembra anacronistico inventarsi un museo, quando questo
museo esiste già ed attende solo di essere doverosamente valorizzato.
Info sulla villa
Percorrere
i viali di quella villa significherebbe entrare in una macchina del
tempo in cui il visitatore vedrebbe le prospettive e gli orizzonti
osservati da uomini i cui nomi sono emersi su epigrafi rinvenute nel
raggio di cinque chilometri da quella villa. Uomini come Caio Bebio
Claudio Hispo ( magistrato) o Decio Apertio Secondo (veterano) o
Panthera Lautinia (liberta), Caio Valerio Mascolino (Pretoriano), ecc..L'epigrafe
di Caio Bebio fu rinvenuta a Ceglie del Campo sulla strada comunale
Sant'Angelo. Quella di Decio Apertio Secundo fu rinvenuta sempre a
Ceglie nel 1700, ma non si ricorda esattamente dove. Sempre
nella badia di sant'Angelo - oggi distrutta- fu rinvenuta l'epigrafe di
Phantera Lautinia. A Ceglie sulla Via di Loseto fu rinvenuta una
epigrafe che riportava questa iscrizione"Silan(us) M" Silanus era un
gentilizio molto diffuso nell'area. Cira il nome del Pretoriano esso è
riportato in un latercolo (elenco) che contiene il nome di 29 pretoriani
congedati nel 179 d.C. provenienti dalla II Regione (la Puglia era
denominata così). In esso si legge testualmente "Caius Valerius Caii
filius Claudia Masculinus Caelia". Proveniva da Ceglie. Non deve
meravigliarTi la presenza di Pretoriani provenienti dalla Puglia. Al
contrario, molti studiosi ritengono che mentre i legionari venivano
reclutati dalla regioni settentrionali, i Pretoriani erano per lo più
arruolati tra i cittadini centro - meridionali. A quanto pare Caio
Valerio Mascolino (Cegliese) non fu l'unico barese ad essere Pretoriano
(Baldassarre 1966 e Passerini 1939).
Il cardinale Brancaccio |
Missile SM-78 Jupiter |
Complimenti vivissimi da un Cannetano (a Roma da oltre mezzo secolo) per i contenuti del suo blog (che mi riprometto di rileggere con piú attenzione e calma).
RispondiEliminaPierfrancesco Natale.